Triumph Tiger Sport 660 TEST. Sport vera
I nomi delle moto sono un fenomeno particolare. Ci sono nomi importanti. Nomi storici, pesanti, evocativi, che non si possono dare con leggerezza a un modello pur che sia, pena scatenare l’ira funesta degli appassionati che - è già successo - gridano allo scandalo.
Ora, senza voler arrivare a citare Umberto Eco o William Shakespeare, che sul valore dei nomi hanno disquisito con ben più autorità di un giornalista del settore moto, vale comunque la pena di notare che se un costruttore del blasone di Triumph spende nomenclature come Trident e Tiger Sport su una nuova piattaforma, quest’ultima deve essere molto importante, e soprattutto godere di grande fiducia dalle parti di Hinckley.
In effetti, se ci pensate, le due nuove Triumph di fascia media - la Trident ha debuttato nell’estate 2020 (e da allora ne sono state vendute oltre 15.000 nel mondo) mentre la Tiger Sport si è svelata con l’autunno 2021 - sono modelli la cui importanza intrinseca va ben oltre la collocazione nei rispettivi segmenti, e ci piace pensare che non sia un caso se sia stata proprio questa piattaforma a segnare l’inizio della collaborazione con il nostro Rodolfo Frascoli.
In un momento storico in cui contenere i costi di produzione ha un’importanza fondamentale, Triumph continua a credere in un frazionamento inevitabilmente più impegnativo, a livello industriale, dell’onnipresente parallel twin di cui comunque è stata grandissima interprete negli anni di Coventry e Meriden, e che a tuttora spinge tutta quella gamma classic che costituisce la backbone, la spina dorsale della proposta di Hinckley.
Ecco perché non vediamo l’ora di salire in sella, nel (caldo) inverno portoghese, alla nuova Tiger Sport. Quella che, con i suoi cerchi da 17 pollici, vuole essere ancora più che la sorella maggiore da 850cc, orgogliosa portatrice di un nome legato a un modello che tanti appassionati sognano ancora. Ma prima di dirvi come va, vediamo un po’ com’è fatta…
Tre cilindri, ovviamente
Il segno distintivo della Tiger Sport è quindi, come spesso accade per le Triumph, il propulsore a tre cilindri. Non è un caso che in quel di Hinckley abbiano fatto la scelta - molto precisa - di utilizzare quel frazionamento (derivando il motore da quello che spinge la Street Triple S, profondamente modificato in ben 67 componenti) dando vita alla piattaforma già utilizzata per la Trident 660. Una scelta che conferisce alla “piccola” Tiger un premium in termini di blasone, raffinatezza e dinamicità che non ha riscontro nella concorrenza, integralmente legata alla soluzione sopra citata del bicilindrico parallelo.
Capace di unire il tiro ai bassi regimi dei bicilindrici all’allungo in alto dei plurifrazionati, il tre cilindri a dodici valvole da 660 cc (74 x 51,1 le misure caratteristiche per alesaggio e corsa) cn distribuzione bialbero dodici valvole è capace di una potenza massima di 81 cavalli a 10.250 giri, con un picco massimo di coppia di 64 Nm a 6.250, con oltre il 90% del valore di picco per la coppia disponibile su gran parte dell’arco di erogazione.
Com’è ovvio, la Tiger Sport 660 è disponibile anche in versione depotenziata per poter essere guidata con patente A2, grazie a un kit con comando acceleratore “bloccato” e mappatura specifica per la centralina che porta la potenza massima a 47,8 CV a 8.750 giri/min e la coppia a 51Nm a 5.250 giri/min. L’operazione è successivamente reversibile in concessionaria.
Stessa configurazione anche per lo scarico, che passa basso sotto al motore e per la rapportatura del cambio, che gode di frizione antisaltellamento servoassistita che lavora in unione con il quickshifter Triumph Shift Assist, disponibile come optional, con funzione sia in innesto che in scalata.
Ciclistica
Il tre cilindri di cui sopra è stretto da un telaio in tubi d’acciaio con forcellone nello stesso materiale il cui andamento ricorda molto da vicino quello di Trident (rispetto alla quale il telaietto reggisella è stato allungato per dare maggior spazio al passeggero, mentre il codone integra l’attacco valige) ma anche Street Triple.
Nonostante l’assetto rialzato rispetto alla sorella Trident, la sella rimane ben accessibile a soli 835 mm da terra, facilitando la vita ai meno alti, ma anche ai meno disinvolti e al pubblico femminile, che statisticamente pone molta attenzione all’altezza della seduta. La posizione di guida è nettamente differente, con manubrio allargato di 43 mm, alzato di 35 e arretrato di 40 rispetto a Trident.
Il comparto sospensioni conta anche qui su unità Showa con una forcella SFF con le funzionalità separate sui due steli rovesciati da 41 mm e monoammortizzatore regolabile nel precarico con registro remoto; l’escursione però sale, passando dai 120/130 mm della Trident ai 150 della Tiger Sport.
Invariati invece i cerchi a cinque razze in lega d’alluminio da 17”, calzati Michelin Road 5 nelle misure 120/70 e 180/55. L’impianto frenante, tutto Nissin, conta su un doppio disco anteriore dal diametro di 310 mm, lavorato da pinze a doppio pistoncini, e un disco singolo da 255 mm al posteriore con pinza monopistoncino, naturalmente gestito dall’ABS.
Il serbatoio ha capienza di 17,2 litri, il peso in ordine di marcia è di 206 kg. Il parabrezza è regolabile nell’altezza, anche in movimento, con una sola mano usando una comoda maniglia frontale.
Elettronica
Anche qui, la sostanza è fondamentalmente condivisa con la sorella Trident: la piattaforma prevede un sistema ride-by-wire che consente l’implementazione di due riding mode (Road e Rain) che modulano la risposta all’acceleratore e l’intervento del controllo di trazione (disattivabile). I gruppi ottici sono naturalmente full-LED, con indicatori di direzione auto-disattivanti, e la chiave è dotata di immobilizer integrato.
Il cruscotto TFT a colori è una variante meramente formale di quello che equipaggia la Trident, con connettività My Triumph che supporta navigazione semplificata turn-by-turn, controllo remoto della GoPro, ascolto della musica e gestione dello smartphone.
Disponibilità, colorazioni, optional e prezzo
Tre le colorazioni disponibili per la Triumph Tiger Sport 660, che arriverà in concessionaria in febbraio a un prezzo che parte da 8.995 euro, naturalmente franco concessionario. Si parte dalla Lucerne Blue/Sapphire Black, si prosegue con la Graphite/Sapphire Black e si chiude con la Korosi Red/Graphite (quella della nostra prova, che costa 200 euro in più). Tutte e tre saranno disponibili in concessionaria a partire da febbraio 2022 a partire da 8.995 euro f.c.
Come per la Trident, la manutenzione prevede tagliandi ogni 16.000 km o 12 mesi, meno costosi rispetto alla concorrenza grazie a tempistiche di intervento inferiori; oltre alla garanzia di 2 anni, è disponibile l’estensione Triumph Just Ride per ulteriori 12 o 24 mesi.
Molto ampia la lista degli accessori, che comprende 49 optional, tutti visibili direttamente sulla moto attraverso il configuratore del sito Triumph. Ci sono naturalmente il già citato cambio elettronico bidirezionale Triumph Shift Assist, le manopole riscaldate, la presa di ricarica USB nel sottosella, indicatori di direzione progressivi e controllo pressione pneumatici. Le opzioni per il trasporto bagagli prevedono le borse laterali rigide in tinta, top case per 2 caschi integrali, una roll bag impermeabile e un pratico portapacchi in alluminio.
Da notare come gli accessori originali godano di copertura in garanzia per 2 anni, senza alcun limite di chilometraggio.
In sella
Ci si siede comodi e rilassati in sella alla Tiger Sport 660. Mani e piedi “cadono” naturalmente sui comandi, e in sella c’è tanto spazio per spostarsi longitudinalmente. Belli i blocchetti dei comandi elettrici, bello e leggibile il cruscotto TFT anche se la testa deve muoversi molto verso il basso. Solo le leve a manubrio hanno un aspetto un po’ troppo cheap, e il passaggio del cavo frizione è antiestetico e passa un po’ davanti al cruscotto. Ma si tratta di peccati veniali, facilmente perdonabili quando si pensa al livello del resto delle finiture e soprattutto alla quotazione.
Il passeggero se la passa tutto sommato abbastanza bene: non ha molto spazio in senso longitudinale, questo è vero, ma la piega delle ginocchia è naturale e comoda, e le maniglie sono belle e piacevoli al tatto. E le gambe - abbiamo provato staticamente su una moto con allestimento completo - non interferiscono con le valige.
La voce allo scarico è bella e grintosa, la risposta all’acceleratore precisa, pastosa e quasi analogica nel feeling. Scartiamo subito il riding mode Rain, che attenua davvero troppo la risposta (considerato il grip dell’asfalto portoghese) e rende eccessivamente apprensivo il controllo di trazione, e iniziamo a fare conoscenza con la Sport 660.
Agile e intuitiva, relativamente morbida di sospensioni, sguscia bene nel traffico anche grazie a una rapportatura sportiva, corta e ravvicinata. Sulle strade a scorrimento veloce si rivela anche discretamente protettiva, con il plexiglass nella posizione più rialzata, anche se le spalle restano inevitabilmente scoperte. In compenso vibra davvero poco, a meno di non spingersi davvero molto in alto, vicino al limitatore: ai 130 si è nella zona mediana del contagiri e il tre cilindri di Hinckley gira pulito, con una bella riserva di potenza per i sorpassi e senza infastidire il pilota.
L’erogazione è quella che ci si aspetta da un motore Triumph: pulitissima ai bassi, vigorosa ai medi e grintosa in alto, anche se per tirarne fuori il meglio conviene anticipare un po’ la cambiata, attorno agli 8.000, senza bisogno di spremere il propulsore fino al regime di potenza massima. Così facendo ci si diverte tanto, soprattutto nel misto di montagna, senza mai andare in sofferenza: solo con forti pendenze si vorrebbe un po’ più di coppia che magari permetterebbe di sfruttare una rapportatura più distesa.
Così com’è, si finisce per mettere la terza e sfruttarla quasi in ogni situazione (nonostante il cambio sia assolutamente perfetto, anche senza usare quel quickshifter di cui i nostri mezzi non disponevano) tenendo ritmi indiavolati per la tipologia del mezzo che - vale la pena di ricordarlo, perché in sella la Tiger fa di tutto per farlo dimenticare - non è una motardona ma una crossover che vuole mixare la guida sportiva con quella turistica.
Capitolo ciclistica: la Tiger Sport 660 si guida semplicemente da Dio. Un po’ morbida di forcella, come deve essere un mezzo di questo segmento, ha però sospensioni che lavorano bene nonostante non si tratti chiaramente di unità di fascia alta. La taratura standard del posteriore è però davvero troppo orientata al comfort: gli stessi collaudatori Triumph ci hanno consigliato una taratura ideale a solo fra i cinque e i sette scatti di precarico (su ben ventinove a disposizione) in più.
Così, la Tiger aumenta molto in compostezza, trazione e rapidità in inserimento e cambio di direzione, diventando ancora più dinamica e gustosa. La potenza frenante è buona, con un comando a leva modulabile e relativamente pronto: bisogna tirare un po’ per ottenere il meglio, in compenso non mette mai in crisi nemmeno i meno esperti. L’ABS, restando in tema freni, si rivela perfettamente tarato, entrando in funzione solo quando serve davvero, senza interventi indesiderati.
Nella guida molto sportiva si vorrebbe solo un controllo di trazione un po’ meno presente - o magari un terzo riding mode Sport - perché quando si inizia a fare sul serio, gli interventi si fanno davvero molto presenti anche quando ciclistica e gommatura sono ancora ampiamente nei margini di sicurezza. Certo, il sistema è disinseribile ma francamente, soprattutto visto la progressività e pulizia dell’intervento, preferiremmo poter contare su di lui ma solo quando serve davvero.
Per chi è la Tiger Sport 660?
Anche stavolta è abbastanza facile: per chiunque voglia una crossover non troppo impegnativa, nel prezzo come nella guida, senza rinunciare però a quelle raffinatezze tecniche capaci di far innamorare un vero appassionato di un modello ma anche della filosofia di un costruttore.
La Tiger Sport 660 può essere una moto d’accesso alla gamma Triumph, ma esattamente come per la sorella Trident, è un modello sufficientemente pregiato da attirare anche motociclisti maturi e, perché no, motociclisti di ritorno. È una moto da intenditori, che sanno quanto peso dare a uno schema motoristico raffinato come il tre cilindri, e che sicuramente della Tiger Sport apprezzeranno la (tanta) sostanza che ci si porta a casa con una quotazione allineata a una concorrenza forse altrettanto prestante, ma certamente in media meno raffinata.
È un modello d’accesso perché dopo aver provato il suo tricilindrico sarà logico e inevitabile considerare le altre Triumph a tre cilindri come i passi successivi quando (o se) si potrà e vorrà passare a qualcosa di più impegnativo, economicamente e dal punto di vista delle prestazioni. Magari, ma questo è un pensiero del tutto personale, aumentando di un gradino la “derivazione”, perché non riusciamo a non pensare a quanto ben di Dio sarebbe una moto di questo genere con il “pacchetto” della Street Triple 765 RS. Sognare non costa nulla…
Sono stati utilizzati:
Casco NOS NS-8
Giubbotto Alpinestars T-Burstun Drystar
Guanti Alpinestars Honda Rayburn
Jeans Alpinestars ALU
Scarpe Alpinestars Sektor WP
Maggiori info:
Moto: Triumph Tiger Sport 660
Meteo: sole, 18°
Luogo: Albufeira (Portogallo)
Terreno: Extraurbano
Foto/Video: Kingdom Creative
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MatteOne74, Basiano (MI)Non avrebbe senso proporla con il motore e la componentistica della street; sono state fatte delle scelte ben mirate atte al contenimento del costo complessivo sotto la fatidica soglia dei 10mila euro(escludendo la lunga lista degli accessori)offrendo un prodotto più che degno e in linea con la tipologia di moto e potenza.Inutile impreziosirla ulteriormente, salirebbe inevitabilmente il prezzo uscendo dalla filosofia proposta.
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Rikirik, Virgilio (MN)perchè la sella così alta su una stradale pura? la gloriosa bandit era a 770mm,la fazer a 795mm