Le Belle e Possibili di Moto.it: Yamaha YZF-R7
Le Belle e Possibili di Moto.it è la rubrica che abbiamo creato per proporvi come in una bacheca le moto da sogno che troviamo nei controlli fra i nostri annunci. Modelli dal grande carisma, moto rarissime o appartenute a qualche pilota celebre o VIP; moto che diventano più accessibili con il passare del tempo o semplicemente... tornano ad essere acquistabili dopo anni, come nel caso di questa Yamaha YZF-R7 che vi presentiamo oggi.
Alla fine degli anni 90 il Mondiale Superbike aveva assunto un'importanza di primissimo piano fra le competizioni motociclistiche, tanto da arrivare ad infastidire il motomondiale per popolarità e numero degli spettatori. Le Case investivano cifre da capogiro nello sviluppo di modelli sempre più competitivi, perché vincere gare e titoli si rifletteva quasi inevitabilmente in vendite.
Yamaha all'epoca stava patendo non poco: ad Iwata, dopo un inizio poco convinto, avevano deciso di fare sul serio già nel 1989 con la FZR750R, altresì nota come OW-01. Una moto costosissima e sofisticatissima, che vinse le battaglie ma non le guerre, e che dopo poche stagioni venne sostituita dalla più prosaica YZF750. Arrivati al 1998 la Casa dei tre diapason aveva quasi tutti gli elementi per vincere: un pilota velocissimo, giovane ed affamato di vittorie come Noriyuki Haga e un team di primissimo livello. Mancava la moto, perché nel 1998 la YZF iniziava ad essere a dire poco stanca.
Detto, fatto: arrivò allora la YZF-R7, costruita con il solo e unico scopo di vincere nelle competizioni per derivate di serie come del resto dichiarava senza complessi la sigla sul codone, OW-02. Fedele al quattro cilindri in linea con venti valvole, fermandosi ai numeri sulla scheda tecnica l'R7 nella sua versione di serie non era nulla di speciale. La potenza massima si fermava a 105 cavalli, e pur con soli 176 kg di peso (all'epoca una cifra spaventosamente bassa) le prestazioni non erano cosa da far gridare al miracolo, anzi: bastava una 600 per mettersela dietro.
Servivano i kit (ce n'erano due, A e B) per farla andare come Yamaha l'aveva pensata, perché la R7 era l'esempio più cristallino di Homologation Special: una moto commercializzata nel numero minimo per rientrare nei regolamenti (500 esemplari) ad un prezzo a dire poco fuori misura anche considerando una dotazione ciclistica pronto gare. Servivano infatti 52 milioni di lire per portarsene a casa una, ammesso di riuscire a trovarla, e le prestazioni come già detto non giustificavano certo l'esborso. Però era bellissima, tecnicamente raffinata come poche, e il suo fascino ha saputo resistere al passare degli anni.
In gara non ottenne quanto meritava. Un po' perché Haga non andò mai d'accordo con le gomme Michelin che si trovò ad utilizzare per una stagione, un po' perché la R7, pur nettamente più prestante rispetto alla YZF, pagava ancora tanti cavalli alle bicilindriche e quindi Haga, velocissimo ma storicamente afflitto da una... testa caldissima, finì spesso per stendersi in gare tutto-o-niente.
Nel 2000 Haga sfiorò il titolo mondiale, ma la lotta contro Edwards venne decisa dalla maledetta squalifica per doping che aveva pesato per tutto l'anno come una spada di Damocle sulla testa di Noriyuki. Per gli stessi motivi l'R7 non riuscì mai a vincere la 8 ore di Suzuka, gara importantissima per i giapponesi, finendo sconfitta dalla quasi imbattibile Honda VTR/SP ufficiale.
La YZF-R7 che vi mostriamo è in vendita sul nostro sito a (tenetevi forte) 38.000 euro, quotazione monstre ma giustificata almeno in parte dalla rarità del modello: in Italia ne sono arrivate una manciata, e non è certo facile trovarne in giro. Men che meno esemplari che non abbiano corso.
A dir poco stupenda
Saluti a tutti
Haga....re senza corona