Yuzuru Ishikawa (Honda): Il quattro in linea è la soluzione migliore per una derivata di serie
Era davvero molto tempo che in Honda non si vedeva una moto come la nuova CBR1000RR-R Fireblade. Una moto con pochissimi compromessi, pensata praticamente solo per andare forte in pista e per tornare a vincere gare e (possibilmente) mondiali in Superbike. Insomma, un’erede spirituale delle RC30, RC45 ed RC51 - che da noi però si chiamava solamente VTR/SP - anche se la sigla di progetto è una meno nobile SC 82.
Durante la prova in Qatar abbiamo avuto modo di parlare a lungo con… i genitori della nuova RR-R. Tradizionalmente, durante queste prove, si viene “assaltati” dai responsabili delle diverse aree, prontissimi ad intervistare i tester appena scesi di sella. Stavolta abbiamo invece aggredito noi il capo progetto, Yuzuru Ishikawa, e il capo progettazione motore, Kensuke Mori, per capire meglio diverse delle scelte tecniche che hanno definito la nuova superbike Honda.
Chi sono
Un po’ di contesto. Ishikawa-san è in Honda dal 1993, e si è alternato fra l’R&D (il famosissimo, segretissimo reparto di ricerca e sviluppo, legato a filo doppio con l’HRC) e la Honda Motor vera e propria, prima come specialista della ciclistica e poi, dal 2008, come Large Project Leader. Sue, in questa veste, praticamente tutte le CBR 1000RR, la 600RR del 2013 e la RC213V-S. Ma anche prima, nel 2002, ha fatto… un po’ di esperienza, lavorando sulla prima Honda MotoGP: la RC211V a cinque cilindri.
Mori-san è più giovane ma anche lui, nel ruolo di motorista all’R&D, ha un passato nelle proposte sportive se non racing della Casa di Tokyo. CBR 600 e 1000RR, ma anche la prima NSF250F Moto3.
È inevitabile, visti i pregressi dei due, iniziare parlando delle loro moto da corsa, con gli inevitabili complimenti per quel capolavoro che è stata la RC211V.
“In effetti era una moto favolosa” risponde Ishikawa. “Anche perché il V5 è un motore fantastico. È equilbratissimo, praticamente non vibra, e sa raggiungere potenze spaventose con lo stesso packaging veicolo di un V4.”
Viene da chiedersi perché non sia mai entrata in produzione una versione stradale di quella moto. In molti sostenevano che fosse bella che pronta…
“Non posso confermare questa ipotesi, ma posso sicuramente dirvi che una moto del genere non è stata prodotta perché non avremmo potuto raggiungere la competitività necessaria in Superbike, visto che sarebbe stata penalizzata moltissimo a livello di peso.”
Facciamo che ci crediamo. Ma arrivando a bomba al presente, come mai la scelta di un quattro in linea invece di un V4? Contenimento dei costi?
“Anche se è difficile da credere, non è stata una questione di costi” ci risponde Mori-San. “Su questa moto avevamo un mandato preciso, e anche se fosse risultata più costosa non sarebbe stato un problema. La risposta è molto più semplice: mentre crediamo che nel caso di un prototipo, il V4 sia la scelta migliore, su una supersportiva di serie bisogna sistemare tante componenti, soprattutto in zona scarico, e non avremmo potuto raggiungere i livelli di potenza che avevamo come obiettivo senza compromettere irrimediabilmente le quote ciclistiche.”
“In particolare, avremmo dovuto aprire molto la V per avere lo spazio necessario a definire condotti d’aspirazione sufficientemente rettilinei, e anche sistemare il giro scarichi sarebbe stato molto complesso. Il che ci avrebbe costretto a sacrificare la lunghezza del forcellone, cosa che a sua volta avrebbe definito una moto troppo propensa a impennare. Su un prototipo, che non deve sottostare alle regole di una moto stradale omologata Euro-5, abbiamo molta più libertà e possiamo fare scelte impossibili per una stradale.”
“Certo, con un quattro in linea si ottiene un motore piuttosto largo, soprattutto con l’alesaggio da 81, che a sua volta rende difficile ottenere gli angoli di piega richiesti da una moto del genere, quindi anche in questo caso abbiamo dovuto lavorare bene sul comando distribuzione, e riposizionare l’avviamento dietro al propulsore…”
Stradale contro prototipo
Visto che si è parlato di prototipi, la curiosità ci spinge a chiedere perché, a parità di sezione, si è scelto di definire una presa d’aria sviluppata in verticale invece che in orizzontale come sulla MotoGP.
“È un esempio delle diverse scelte di cui parlavamo prima” risponde Ishikawa-san. “Nella MotoGP, il V4 ci consente, anzi ci impone, di far girare le prese d’aria verso l’airbox sui lati. Su un quattro in linea la moto diventerebbe troppo larga, e quindi abbiamo scelto la soluzione di far passare l’aria attraverso il cannotto di sterzo.”
E l’albero controrotante? Che tipo di penalizzazioni porterebbe su un motore stradale?
“Anche qui principalmente di packaging, perché serve un altro albero, ma anche perché l’albero controrotante porta a tutta una serie di effetti indesiderati sulla maneggevolezza. Non è molto in linea con la nostra filosofia. E poi aumentano gli sprechi di potenza: noi volevamo assolutamente un motore compatto e molto potente.”
E la sospensione posteriore con il monoammortizzatore montato sul motore invece che sul telaio? Perché sono spariti i traversini su cui si montava la parte superiore del mono?
“Fissare la parte superiore del mono al telaio fa si che tutte le sollecitazioni provenienti dal retrotreno si scarichino sul cannotto di sterzo. Un fenomeno che riusciamo ad evitare utilizzando il nostro sistema Unit Pro-Link, che però purtroppo comporta un aggravio di peso che, su un modello del genere, è stato considerato assolutamente inaccettabile. Ecco perché la scelta di fissarlo al motore.”
Curiosità: sia Ishikawa-san che Mori-san, proprio durante la trasferta in Qatar, hanno ricevuto una chiamata molto interessante. Per entrambi, il 31 gennaio è terminata una fase della carriera. Dal primo febbraio, entrambi sono in forze all’HRC. Missione? Top secret…
“In particolare, avremmo dovuto aprire molto la V per avere lo spazio necessario a definire condotti d’aspirazione sufficientemente rettilinei”.
Sembra che dia per scontato un angolo della V inferiore a 90°..
Siamo sicuri che nella motogp la Honda abbia conservato la V di 90° ?
E Aprilia avrà fatto la scelta giusta portando l'apertura della V a 90° ?
Forse no
Finalmente qualcuno che lo scrive chiaramente.
Adesso non sono più l’unico a sostenerlo.
Questo è il problema della DUCATI, velocissima certo, anche come ciclistica, ma che richiede una grandissima capacità di adattamento da parte del pilota, contrariamente a quello che scrivono i tester sulla nuova V4, perché quando si porta al limite un mostro di quel genere, le valutazioni di un tester, pur valide per i comuni mortali, non valgono per i piloti più veloci del mondo.
Per questo è imperdonabile l’errore di Ducati di lasciare andar via Bautista, che con quella moto aveva dimostrato di poter vincere il mondiale.
Buon per Rea,
e buon per Honda, che ha colto l'occasione al volo