Una prova particolare: Airbus-Niken
Lascio una Moto a fare il tagliando e me ne propongono una sostitutiva. La prima cosa che mi viene in mente è che la MIA Moto non ha sostitute, ma mi controllo e lascio prevalere il riconoscimento di un atto di assoluta gentilezza del Concessionario. Tra l’altro dovrei tornare a casa con i mezzi pubblici. Accetto.
“Anzi, ti faccio provare questa!” - e dice il nome: Yamaha Niken 850.
Mi pento di essermi calmato. È così che si finisce incastrati. Ormai sono in ballo.
“Si guida come le altre.”
Bravo Ghigo, penso, ci sei cascato da solo. Se “si guida come le altre” vuol dire che NON è come le altre. 40° all’ombra, cerniera del giubbotto fino al mento e bavero fino alle orecchie. Visiera scura su occhiali scuri. Maschera da saldatore. Magari non mi riconoscono, ma non mi fido ancora. Levo quei due adesivi dal casco che possono ricondurre alla mia persona. Devo riconoscere che sono un tantino divorato dai pregiudizi.
Per quanto fantascientifica, potrebbe sembrare un LEM da sbarco sulla luna, per quanto ben realizzata, l’enfasi tecnologica è sempre un grande piacere, e per quanto garantita dal pedigree Yamaha, la Niken è pur sempre…
“Attento a dove metti le ruote, con quel “Triciclo”!
Infatti pensi a una Moto centrata sulla linea di simmetria che attraversa l’unica ruota anteriore, ma non è così. Ecco, credi di sfiorare la fila di biciclette parcheggiate fitte fitte e vanno tutte in terra. Effetto domino, non avevo calcolato l’ingombro laterale anteriore della ruota così all’esterno. Mi vergogno, bisogna prenderci un minimo di misura. Cinque minuti e sono alle prese con una nuova, terrificante realtà. Ancora sul marciapiede del Concessionario. Non mi decido a scendere quei dieci centimetri. Ho paura di rimanere su una ruota e di ribaltarmi sull’altra. Infine trovo una discesa diversamente abili e posso rimandare l’esperimento. Passa un altro e mi dice:
“Bravo!”. Ho già fatto il pieno.
Ho deciso di farne una Prova. Su strada. Speciale, naturalmente. Non perché sono io ma perché in materia non sono nessuno. Sul marciapiedi è andata. Quindi parto riflessivamente, analiticamente, cercando di registrare già ragionati gli impulsi di sensazione. Una specie di taccuino a memoria.
Devo raggiungere l’autostrada, non è la mia città e mi sento in imbarazzo. Poi mi lascio divorare dal traffico. E la faccenda cambia radicalmente, come per incanto. Difatti mi pare un incanto. Sono comodo, stabile, sicuro. Da principio riconduco la sensazione al generale fulcro della mia passione: va bene tutto, purché sia contro vento.
l vento nella faccia, l’aria nel giubbotto, il freddo nelle tempie. Una Vespa o una Gran Premio, la Lambretta dello zio o la Moto di Orioli, le mie Moto. Tutte mi hanno dato una sensazione di base comune, Il-Bello-Di-Andare-In-Moto. Sono state tutte, e lo sono ancora, buone per godere della sensazione primordiale della cavalcata nella scena. Non vorrei scivolare nella facile retorica e tirare in ballo Piersig e il suo Zen, ma ci siamo capiti.
Aria, vento, brillantezza intrinseca del moto, piacere. Storicamente mi sono imbattuto in due limiti della personale passione. Non mi piacciono la pioggia e gli scooteroni. Oddio, bene un acquazzone tropicale o estivo, ma non la pachidermica postura sullo scafandrone, seduto ma con le gambe nel caminetto come Pinocchio. Pace, avranno pure il loro senso, ma non mi riguarda. Quindi, ricapitolando, aria, vento, agilità, due ruote…
Eccoci, sotto il culo adesso ne ho tre. Rivediamo il primo dei miei paletti storici.
In cambio di ché? Di una grande sensazione di sicurezza. La Niken si muove e dimentica il peso, ragguardevole ma, in fondo, non così esagerato. È comune a più tipi con due “sole” ruote di quanto si creda. Infatti, oggi credere sotto i 200 e verificare 250 è un gioco. Questa almeno te lo dice: 260 chili – poi aggiunge - e non sentirli!
Andando piano la Niken infonde una inedita sensazione di maneggevolezza, “esagerata”, a bassissima velocità serpeggia lievemente come se non si decidesse a stare di qua o di là, e intanto se la sbriga nel traffico come se niente fosse.
Si dice “perdere l’avantreno”. Qui è diverso, si perde subito il dietro. Nel senso che ci se ne dimentica, e si “guadagna un nuovo avantreno”. Il retrotreno diventa quasi nervoso, sarà l’invidia, l’avantreno è sontuoso. Poche diecine di chilometri l’ora e la moto sale sul binario. Non senti né l’avancorsa né l’effetto giroscopico, la Moto va dritta e basta. Risultato invidiabile perché resta leggerissima. In modo inedito. Si insinua una sensazione…
Quando sono partito ho regolato la mappatura del motore sul primo livello, “Dummy”. Avevo paura di chissà cosa. Poco dopo ero certo che la mappatura giusta è la 3, “Open”. 1 e 2 sembrano dei fastidiosi ostruzionismi al comando del gas. Ecco dunque una cosa di cui si poteva fare a meno. Il livello 3 restituisce tutta la brillantezza dell’insieme e il piacere della precisione del “dosaggio”, che si scopre così essere uno dei piaceri della Vita Motociclistica. Non mi sono preoccupato affatto dei due livelli di trazione. Primo perché… non ho trovato il pulsante, secondo perché il mio non è un “test” limite ma una totale richiesta, e del tutto personale, di “impressione”. Mi son limitato a considerare che se c’è, il controllo sarà pure di una qualche utilità sul piano della sicurezza. Quindi approvato d’ufficio. E dimenticato.
Allo stesso modo non mi sono preoccupato minimamente di andare a vedere il fondo scala del tachimetro, mi dicono non lontanissimi dai 200 reali, né del conseguente limitato beneficio dell’originale “cupolino”. Per la verità credevo che il parabrezzino fosse regolabile elettricamente. Non avendo trovato il pulsante penso che magari si può fare di cacciavite, ma certo la cosa migliore resta andare al limite della protezione aerodinamica, che è abbondante velocità codice, oltre la quale avrei preferito una posizione di guida più adagiata in avanti e un manubrio più stretto. Gusto personale, beninteso.
Avete capito che non ho trovato “feeling” con la piccola selva di comandi al manubrio, per contro ora vi dico che non mi è dispiaciuta affatto la larga “plancia” davanti al manubrio. Ti da un’impressione quasi automobilistica di spazio a disposizione. Un “ragno” elastico e gli occhiali, il golfino per la sera, la bottiglia d’acqua, un telefono e il caricabatteria. Estetica semplice, “tecnica”, gradevole, naturalmente centrata sull’avantreno.
Il “test” si sviluppa su diversi tipi di strade. Città, autostrada, montagna, statale, provinciale (a noi ce n’è una “speciale”!).
La Città è “passed”, l’abbiamo visto. Fermo restando che come la Vespa non ce n’è, quando non c’è impaccio, leggi un incrociatore o una GP, ogni “di più” è un piacere. Siccome non condanna alla sua larghezza, in fondo appena più pronunciata del manubrio, non scalda troppo tra le scatole, e grazie al “motorino” indovinato della Tracer o della MT-09 che è semplice goduria, si guida bene, la Niken è promossa senza riserve.
Guadagna le congratulazioni per quelle due ruote “sempre in presa” che passano dappertutto senza accorgersi di niente, sorvolando sulle “caratteristiche” sempre più salienti della viabilità cittadina. Buche, giunzioni dell’asfalto con le… buche, buche in sequenza, buche profonde e buche non acqua, rotaie, cambi repentini asfalto-cubetto-buca, pavé eleganti e sanpietrini disordinati o assenti perché riciclati nel ‘68. Sicurezza e confort.
Sulla strada di montagna la Niken è “troppo” onesta. Ci faccio cose impensabili pur… non pensando, non preoccupandomi di andare forte, mai osando. Verrebbe da dire che ti toglie la voglia di goderti un Muraglione contro il cronometro, in verità ti trasporta su un altro piano, di grande relax. Ti fa fare strada e pensare ad altro. È vero, non ti godi la piega ma ti esalta la passeggiata, la strada, lo scenario.
Su qualsiasi statale la Niken è una commuter, not too fast but… perfetta. Più comoda della “motoleggera”, efficiente come una… Moto. Tenuta, brio, frenata. Immagino che se vai in costiera a comprare il pesce fresco o sulle colline per buoni vini e verdure, un po’ di spazio di capienza e portabilità sarebbe comodo. Nel caso Niken, a meno che non si voglia riferirsi alla spropositata Touring, è zainetto e una borsa da sella tipo biemmevu, in alternativa alla moglie o alla fidanzata.
E se per caso la passeggiata contempla anche la visita a un caro amico che sta in fondo a una sterrata verticale, e già maledetta, della campagna toscana che guarda al mare, allora la Niken “sostitutiva” non la restituisci più. Con la Niken ci puoi fare il WRC di Finlandia!
Il miracolo. Dalle mie parti c’è la provinciale SP… (i puntini stanno per un velo pietoso). 13 chilometri e mezzo dritti come un palo caduto a terra. 13.500 metri di dislivelli disordinati, di carreggiata stretta e profilo a schiena d’asino, di spaccature e cedimenti dell’asfalto vecchio, nuovo e subito vecchio. 13.500 bestemmie su quel terrapieno animato e perfido tra il fosso e il padule.
Lì, di solito, consegni le chiavi a dio e preghi a 50 all’ora.
Con la Niken resusciti! Via dritto e non senti niente. Non acceleri solo perché non ti capaciti che il Mondo sia andato così veloce. Non ci credi. Eppure sei definitivamente convinto che il “Sistema Niken” funziona. Non importa andare a vedere quanti gradi piega o quanto vale avere almeno una ruota sul “buono”. Su quella Provinciale, ma tutti abbiamo il nostro nastro d’asfalto purgatorio, la Niken si spiega da sola.
La verità è semplice: la Niken è come un Airbus, si guida con il joystick morbida e sicura, non si muove indisciplinatamente, mantiene assetto, sicurezza e confort, anche sulle peggiori “turbolenze” della strada.
A parer mio, c’è anche e sicuramente un surplus. Al di là della bontà del sistema, quadrilatero o parallelogramma che dir si voglia, la sospensione anteriore lavora su particolari di grandi qualità. Leggo le forcelle, doppie, per caratteristiche di idraulica e scorrimento. Fosse roba Ohlins non mi meraviglierei.
Ecco, questo sarebbe quanto. Senonché in fondo al taccuino immaginario trovo la domanda cruciale. Compreresti una Niken?
Se vi avanzano, andate sicuri. Con il mio portafogli, a listino no. Le alternative che “mi mancano”, come si diceva delle figurine, sono ancora troppe. Certamente, ora che l’ho provata, so che rinunciando a priori mi sarei perso qualcosa. Magari molti evitano di andare a conoscerla proprio per il prezzo. Marketing o no, non è il mio campo, io l’investimento Yamaha l’avrei fatto fino in fondo. Che so, per un periodo limitato con lo stesso prezzo di partenza della MT, o con una superofferta superusato che ti fa volare dal concessionario. Insomma con un incentivo a non perdersi un’opportunità di conoscenza.
E basta con i pregiudizi!
-
Teox80, Como (CO)Bé ma scusate, piuttosto che i tricicli standard che si vedono andare in giro nel periodo vacanziero bassi e larghi, questo é molto meglio.
-
GhostRider78, Brondello (CN)Io vorrei provarlo... Penso che possa avere il suo perché. Ci sono mezzi più insensati