Nico Cereghini: "Gli ADAS diventano obbligatori... e i nostri dubbi aumentano"
Ciao a tutti! La scadenza del 7 luglio 2024 rappresenta un passo avanti per la sicurezza delle strade, eppure agita i nostri sonni. È una data cruciale, entra in vigore l'obbligo di dotare di sistemi avanzati di assistenza alla guida tutte le vetture di nuova immatricolazione: dal cruise control adattativo al sistema anticollisione, agli avvisi vari, alla frenata automatica di emergenza, fino all'alcolock e compagnia bella.
Forse non serve, ma trovo opportuno ripetere che questo è un passaggio intermedio di un programma europeo a largo respiro. Scattato nel gennaio 2001 per ridurre la pericolosità stradale, aveva l'ambizione di dimezzare le vittime entro l'anno 2030 e azzerarle nel 2050. Traguardi che da tempo paiono utopistici e che oggi sono riconosciuti impossibili. Si lavorerà per correggere il tiro.
Noi motociclisti siamo pieni di dubbi. Dubbi tecnici e dubbi etici. Sul piano tecnico si è subito capito che la moto è più difficile da rilevare anche per gli occhi elettronici più avanzati. Nel dicembre scorso vi raccontammo come uno studio dell'Insurance Institute for Highway Safety, dopo aver analizzato una montagna di dati, avesse concluso che i motociclisti restavano molto meno garantiti e che occorreva fare di meglio. Altre fonti accreditate, come FEMA, hanno confermato le attuali lacune tecniche.
Il tema è complesso. Molte nuove moto sono dotate di ADAS e dal 2015 tre case (BMW, Honda e Yamaha) hanno creato un consorzio (CMC) che mette al centro la comunicazione tra veicoli e quella tra veicoli e infrastrutture. C'è la convinzione che per migliorare la nostra sicurezza occorra implementare i C-ITS, cioè i sistemi di connessione intelligente. Oggi collaborano con il consorzio anche altre case moto, aziende automobilistiche, università e istituti di ricerca. Probabilmente questa è la strada, ma si è partiti con colpevole ritardo.
Infine, al di là dello scetticismo sulle reali possibilità della tecnologia c'è la preoccupazione di chi vorrebbe continuare a considerare la moto un simbolo di libertà e vede gli ADAS come pesanti catene che ci terranno imbrigliati nel traffico, etero-guidati. A quel punto, cosa ci sarà di bello nella guida della moto?
Sono dubbi condivisibili. Il futuro che si profila davanti a noi pare minacciosamente fatto di veicoli a due e tre ruote per lo più elettrici e poche moto da usare dentro spazi definiti, nei motodromi asfaltati o sterrati secondo i gusti. Verrebbe da dire "Speriamo che sia un futuro lontano nel tempo", ma è un bel dilemma: la nostra sicurezza è una priorità che ci sta a cuore da sempre e ora ci viene difficile metterla in fondo alla lista.
Sono vivo per miracolo? Probabilmente si.
Quel che è certo è che da allora - in tema di sicurezza - si son fatti passi da gigante: i veicoli e le strade sono migliorati, gli incidenti sono in costante diminuzione e nessuno da questo punto di vista rimpiange i bei vecchi tempi.
Ovviamente si può fare ancora meglio, ma non illudiamoci: anche se andremo a 30 all'ora conciati come palombari con un'elettronica capace di correggere qualsiasi errore di manovra, la moto rimarrà un mezzo pericoloso dai costi sociali più elevati rispetto all'automobile.
Quindi prima o poi questo percorso verso le "zero vittime" che abbiamo intrapreso non potrà che portarci al punto in cui dovremo porci la fatidica domanda: a cosa NON siamo disposti a rinunciare, in cambio di una maggior sicurezza?
O in altre parole: la libertà individuale di assumersi il rischio fondamentalmente inutile di spostarsi in motocicletta può prevalere rispetto alle esigenze di migliorare costantemente la sicurezza e diminuire i costi sociali del trasporto privato?
Personalmente, sono curioso di vedere come andrà.